Sapporo ’40 e Cortina ’44: i Giochi spenti dalla guerra

14 Luglio 2025

L’edizione del 1940 dei Giochi Invernali si sarebbe dovuta svolgere in Giappone, per la precisione a Sapporo, nell’isola di Hokkaido. L’assegnazione risaliva al 1932 e i giapponesi procedettero nell’organizzazione di quella che sarebbe dovuta essere la prima edizione asiatica. Così non fu. Nel 1937 le truppe del Sol Levante invasero la Manciuria, dando il via alla guerra sino-giapponese. Il Cio ritirò immediatamente l’assegnazione al Giappone e chiese a St. Moritz di occuparsi dei Giochi. Ma anche la Svizzera si sottrasse, nel 1938. Fu scelta quindi Garmisch-Partenkirchen, che aveva ospitato l’ultima edizione, ma l’invasione della Polonia nel 1939 costrinse il Comitato internazionale a cancellare l’edizione dell’anno successivo. Nel ’39 fu assegnata a Cortina d’Ampezzo l’organizzazione dei Giochi del 1944, ma anche quella dovette essere cancellata a causa del protrarsi della Seconda Guerra.

Qualcuno provò a portare avanti lo spirito olimpico, anche durante i tenebrosi anni del conflitto. A Langwasser, nel 1940, in un campo di prigionia vicino a Norimberga, ci fu un piccolo evento nel quale la bandiera a cinque cerchi fu effettivamente issata. Era una piccola bandiera, cucita con gli indumenti dei prigionieri, che veniva esposta e poi ritirata per non dare nell’occhio ai sorveglianti del campo. Le medaglie erano di cartone e le coppe ricavate dalle gavette. L’ideatore era uno scrittore polacco, Teodor Niewiadomski, che si occupava di suonare gli inni con un’armonica a bocca. Si disputarono competizioni di lancio della pietra, corsa della rana e altre iniziative che non dovevano dare suscitare il sospetto dei tedeschi. Parteciparono prigionieri belgi, polacchi, inglesi, francesi, olandesi, norvegesi e jugoslavi.
Nel 1944, a Woldenberg, alcune gare furono disputate sotto il rigido controllo delle guardie tedesche, che questa volta lasciarono fare. Gareggiarono 466 prigionieri, con tanto di vessillo nazionale. Dopo le gare, però, il regime di ristrettezze imposto dalle guardie strinse ancor più le sue maglie e solo 300 dei partecipanti sopravvissero fino al 1945, quando furono liberati dalle forze alleate.

Il Museo dello sport di Varsavia conserva ancora dei cimeli di quegli eventi: sicuramente raffazzonati e improvvisati, me che danno il segno della forza di volontà e dello spirito di fratellanza che sopravvivono nell’uomo, anche nei momenti più bui.

Sapporo ’40 e Cortina ’44: i Giochi spenti dalla guerra

14 Luglio 2025

L’edizione del 1940 dei Giochi Invernali si sarebbe dovuta svolgere in Giappone, per la precisione a Sapporo, nell’isola di Hokkaido. L’assegnazione risaliva al 1932 e i giapponesi procedettero nell’organizzazione di quella che sarebbe dovuta essere la prima edizione asiatica. Così non fu. Nel 1937 le truppe del Sol Levante invasero la Manciuria, dando il via alla guerra sino-giapponese. Il Cio ritirò immediatamente l’assegnazione al Giappone e chiese a St. Moritz di occuparsi dei Giochi. Ma anche la Svizzera si sottrasse, nel 1938. Fu scelta quindi Garmisch-Partenkirchen, che aveva ospitato l’ultima edizione, ma l’invasione della Polonia nel 1939 costrinse il Comitato internazionale a cancellare l’edizione dell’anno successivo. Nel ’39 fu assegnata a Cortina d’Ampezzo l’organizzazione dei Giochi del 1944, ma anche quella dovette essere cancellata a causa del protrarsi della Seconda Guerra.

Qualcuno provò a portare avanti lo spirito olimpico, anche durante i tenebrosi anni del conflitto. A Langwasser, nel 1940, in un campo di prigionia vicino a Norimberga, ci fu un piccolo evento nel quale la bandiera a cinque cerchi fu effettivamente issata. Era una piccola bandiera, cucita con gli indumenti dei prigionieri, che veniva esposta e poi ritirata per non dare nell’occhio ai sorveglianti del campo. Le medaglie erano di cartone e le coppe ricavate dalle gavette. L’ideatore era uno scrittore polacco, Teodor Niewiadomski, che si occupava di suonare gli inni con un’armonica a bocca. Si disputarono competizioni di lancio della pietra, corsa della rana e altre iniziative che non dovevano dare suscitare il sospetto dei tedeschi. Parteciparono prigionieri belgi, polacchi, inglesi, francesi, olandesi, norvegesi e jugoslavi.
Nel 1944, a Woldenberg, alcune gare furono disputate sotto il rigido controllo delle guardie tedesche, che questa volta lasciarono fare. Gareggiarono 466 prigionieri, con tanto di vessillo nazionale. Dopo le gare, però, il regime di ristrettezze imposto dalle guardie strinse ancor più le sue maglie e solo 300 dei partecipanti sopravvissero fino al 1945, quando furono liberati dalle forze alleate.

Il Museo dello sport di Varsavia conserva ancora dei cimeli di quegli eventi: sicuramente raffazzonati e improvvisati, me che danno il segno della forza di volontà e dello spirito di fratellanza che sopravvivono nell’uomo, anche nei momenti più bui.