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INNSBRUCK 1964, QUEL “BULLONE” DI MONTI

Ancor prima dell’inizio dei Giochi, il territorio di Innsbruck fu funestato dalle tragiche morti di due atleti che avrebbero dovuto disputare le gare olimpiche. Il 23 gennaio, a sei giorni dall’apertura, lo slittinista Kazimierz Kay-Skrzypecki, britannico di origine polacca, perse il controllo della sua slitta in una curva ad alta velocità e andò a sbattere violentemente contro la parte della pista. Fu ricoverato presso il locale ospedale ma morì il giorno successivo. Lo slittino era al debutto olimpico, e la morte del britannico scatenò polemiche sulla sicurezza della disciplina.
Non si era ancora spenta l’eco del tragico fatto che, durante una prova della discesa libera maschile il 19enne australiano Ross Milne perse il controllo dei suoi sci, finendo contro un albero. Morì per le numerose ferite riportate.
Facile capire che le gare olimpiche presero il via sotto una tetra cappa di tristezza.
E fu proprio nel bob e nello slittino che l’Italia si mise in luce, conquistando l’argento con Romano Bonagura e Sergio Zardini nel due, mentre Eugenio Monti fece due bronzi, ma ancora non raggiunse l’oro. Nel due, in coppia con Sergio Siorpaes e nel quattro, sempre con Siorpaes e con Benito Rigoni e Gildo Siorpaes. Memorabile il caso del “bullone” che valse a Monti la medaglia “Pierre de Coubertin” al fair play. Monti prestò un bullone all’equipaggio inglese composto da Tony Nash e Robin Dixon, che vinsero il titolo e che, senza quel bullone, non avrebbero potuto gareggiare. Disse Eugenio: “Non ha vinto perché gli ho dato il bullone, ma perché è andato più forte”.
Dallo slittino arrivo il bronzo per Walter Ausserdorfer e Sigfried Mair. E fu ancora il budello a salvare le sorti del medagliere nazionale, che con quattro medaglie poté considerarsi buono.
I grandi nomi di quell’edizione dei Giochi furono quello della sovietica Lidia Skoblikova, che mise al collo quattro ori; il mitico fondista finlandese Eero Maentyranta, due ori e un argento e l’austriaca Christl Haas, oro nella discesa femminile davanti al pubblico di casa.
Curiosità: faceva molto caldo in quel febbraio tirolese, tanto che solo grazie all’esercito austriaco si riuscirono a trasportare ghiaccio e neve dalle alte montagne e poter così mandare in scena i Giochi.

INNSBRUCK 1964, QUEL “BULLONE” DI MONTI
Ancor prima dell’inizio dei Giochi, il territorio di Innsbruck fu funestato dalle tragiche morti di due atleti che avrebbero dovuto disputare le gare olimpiche. Il 23 gennaio, a sei giorni dall’apertura, lo slittinista Kazimierz Kay-Skrzypecki, britannico di origine polacca, perse il controllo della sua slitta in una curva ad alta velocità e andò a sbattere violentemente contro la parte della pista. Fu ricoverato presso il locale ospedale ma morì il giorno successivo. Lo slittino era al debutto olimpico, e la morte del britannico scatenò polemiche sulla sicurezza della disciplina.
Non si era ancora spenta l’eco del tragico fatto che, durante una prova della discesa libera maschile il 19enne australiano Ross Milne perse il controllo dei suoi sci, finendo contro un albero. Morì per le numerose ferite riportate.
Facile capire che le gare olimpiche presero il via sotto una tetra cappa di tristezza.
E fu proprio nel bob e nello slittino che l’Italia si mise in luce, conquistando l’argento con Romano Bonagura e Sergio Zardini nel due, mentre Eugenio Monti fece due bronzi, ma ancora non raggiunse l’oro. Nel due, in coppia con Sergio Siorpaes e nel quattro, sempre con Siorpaes e con Benito Rigoni e Gildo Siorpaes. Memorabile il caso del “bullone” che valse a Monti la medaglia “Pierre de Coubertin” al fair play. Monti prestò un bullone all’equipaggio inglese composto da Tony Nash e Robin Dixon, che vinsero il titolo e che, senza quel bullone, non avrebbero potuto gareggiare. Disse Eugenio: “Non ha vinto perché gli ho dato il bullone, ma perché è andato più forte”.
Dallo slittino arrivo il bronzo per Walter Ausserdorfer e Sigfried Mair. E fu ancora il budello a salvare le sorti del medagliere nazionale, che con quattro medaglie poté considerarsi buono.
I grandi nomi di quell’edizione dei Giochi furono quello della sovietica Lidia Skoblikova, che mise al collo quattro ori; il mitico fondista finlandese Eero Maentyranta, due ori e un argento e l’austriaca Christl Haas, oro nella discesa femminile davanti al pubblico di casa.
Curiosità: faceva molto caldo in quel febbraio tirolese, tanto che solo grazie all’esercito austriaco si riuscirono a trasportare ghiaccio e neve dalle alte montagne e poter così mandare in scena i Giochi.










